Guida Al Codice Della Crisi Di Impresa: Aspetti Fiscali E Rischi Di Impresa

“Legge fallimentare” addio: in arrivo la “Liquidazione giudiziale”

“Legge fallimentare” addio, d’ora in poi sarà “Liquidazione giudiziale”, istituto nel quale vanno a confluire il vecchio fallimento e il concordato preventivo liquidatorio.

Al termine di un iter complesso e articolato, il decreto legislativo rubricato “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” è stato infatti definitivamente approvato il 10 gennaio 2019.

Il nuovo Codice ha l’obiettivo di riformare in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, con due principali finalità: consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese e salvaguardare la capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro a un fallimento di impresa dovuto a particolari contingenze.

Questo cosa vuol dire?

Per la prima volta in Italia, vengono introdotti i cosiddetti strumenti preventivi della crisi, finalizzati a far emergere tempestivamente la crisi dell’impresa e far sì che, nei limiti del possibile, la precoce emersione consenta la conservazione dell’attività aziendale, scongiurandone la dissoluzione.

Questi strumenti di allerta si sostanziano nella segnalazione di indicatori di allarme, non solo da parte degli organismi di composizione della crisi di impresa (OCRI) ma anche da soggetti esterni (come l’Agenzia delle Entrate e l’INPS) che possono censire per primi i “sintomi” precoci e comunicarli agli organi preposti; novità da sempre avversata dalla classe imprenditoriale perché percepita come indebita ingerenza nella vita dell’impresa (e che ora prevede anche una vigilanza indiretta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).

Obblighi del nuovo codice della crisi di impresa

In stretta correlazione con tale novità sono le modificazioni previste nel diritto societario, con l’affermazione definitiva di un obbligo di predisposizione di adeguati assetti organizzativi (finalizzati sempre a far percepire prima i segnali di crisi).

Verranno privilegiate inoltre le soluzioni alternative al fallimento, nelle tre forme già in vigore: i piani attestati di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed il concordato preventivo (il secondo ed il terzo accompagnati da forme diverse di accordi sui debiti tributari).

Più in generale, l’imprenditore che attiva tempestivamente l’allerta o si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi godrà di misure premiali: non punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è di speciale tenuità, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per debiti fiscali.

Lo stato di salute di un’azienda, dunque, sarà valutato non solo rispetto ai dati di bilancio ma anche secondo nuovi indicatori di allarme (fino ad oggi mai oggetto di verifica) che nel tempo saranno sempre più codificati e quindi alla portata di qualunque “cliente” e “fornitore”.

Ciò vuol dire che andremo sempre più incontro a nuove tipologie e parametri di affidabilità, non solo verso l’azienda stessa (che si avvale di un sistema di autodiagnosi) ma nella valutazione dei rischi cosiddetti “di ritorno”, ovvero le analisi di affidabilità dei propri clienti (basti pensare ai flussi di cassa generati dal corretto incasso delle fatture emesse) e dalla propria supply chain, in riferimento alla continuità di fornitura da parte di “aziende sane”, premessa fondamentale di una business continuity dell’impresa stessa intesa come capacità di far fronte agli impegni di fornitura verso gli assistiti.

In questo scenario è facile intuire come l’adeguatezza degli assetti organizzativi aziendali divenga un punto più che mai fondamentale nella valutazione di situazioni “pre-crisi”, anche (o soprattutto) nel caso di un vaglio da parte degli enti esterni sopracitati (effettuato all’oscuro dell’impresa stessa) che potrebbero insinuarsi nella vita aziendale e riferire agli organi di vigilanza.

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