Fattori ESG e Taxonomy Alignment: cosa è cambiato, per tutte le imprese

Con il Regolamento (UE) 2020/852, l’Unione Europea introduce la normativa sulla “Tassonomia per la finanza sostenibile”, entrata in vigore dal 1 gennaio 2022.

Tutti gli operatori finanziari hanno iniziato a valutare le imprese più meritevoli a cui concedere finanza o nelle quali investire: i nuovi criteri “ESG” (Environment, Social, Governance) entrano ufficialmente nella valutazione del “rischio di impresa” legato alla business continuity per tutta la durata futura di ogni tipo di finanziamento o investimento in ottica “forward-looking”.

Abbiamo approfondito obiettivi, trend, linee guida, rischi e opportunità per le imprese.

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1. I fattori ESG: punto d’arrivo di un cammino iniziato nel 2015

Nel mese di settembre del 2015 i governi di 193 Paesi ONU sottoscrivono l’“Agenda 2030” per lo sviluppo sostenibile; l’anno successivo viene firmato l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, poi ratificato dall’Unione Europea il 5 ottobre dello stesso anno.

Sulla base dell’Accordo di Parigi, nel 2018 la UE lancia il proprio Action Plan, impegnandosi formalmente nella transizione verso modelli di crescita che includano i fattori ESG; nel 2019 viene riconosciuto al mondo finanziario il ruolo di “leva fondamentale” per conseguire l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050: è il “Green Deal” europeo.

Così, il Regolamento UE 2019/2088 modifica la normativa sull’informazione finanziaria: vengono introdotti nuovi criteri per lo sviluppo della c.d. finanza sostenibile (SFDR Regulation). Si tratta di un passo fondamentale che impatta su tutti gli operatori finanziari (banche, gestori, fondi di investimenti, finanziarie, ecc.), di fatto obbligandoli a destinare parte cospicua di capitali e di risparmi privati verso attività sostenibili.

Fino a quel momento, tutta la normativa internazionale e nazionale, obbligatoria o volontaria non definiva univocamente quali dovevano essere nel concreto i criteri di sostenibilità sulla base dei quali valutare in modo univoco le performance delle imprese.

Ma ecco il punto di svolta sui fattori ESG: dal 1° gennaio 2022 entra in vigore il Regolamento UE 2020/852, detto “Regolamento Tassonomia”. Questo provvedimento definisce il dettagliato contesto comune europeo per promuovere investimenti sostenibili, introducendo criteri tecnici di valutazione di conseguenza integrarla nel sistema di rating assignment “ordinario”.

Così, le valutazioni sul rischio di investimento di tutti gli operatori finanziari (e quindi le decisioni sulla concessione di finanziamenti, e la valutazione del relativo costo, sulla base del rischio dell’operazione) si ampliano. Non più solo il rating già attribuito in base alla struttura finanziaria, economica e patrimoniale (in ottica “forward looking, per effetto delle nuove linee guida EBA di giugno 2021), ma anche una valutazione puntuale delle performance complessive aziendali in relazione ai fattori ESG (“giudizio di sostenibilità”).

2. Investimenti sostenibili: un trend in crescita esponenziale

I lavori di analisi preliminare alla redazione del Regolamento UE 2019/2088 sopra richiamato hanno evidenziato due elementi di fondo.

Il primo, che le banche italiane ed europee potranno subire perdite su (loro) crediti fino a 4 volte più alte rispetto ai livelli attuali, generate da quelle imprese che non si adegueranno alla transizione climatica o che appartengono a settori individuati come più esposti al rischio climatico (Oil&Gas, settore minerario, siderurgia).

Il secondo, che le ripercussioni di eventi climatici avversi, che sempre più spesso si manifestano su aree geografiche più o meno estese, entreranno sempre di più nelle decisioni sull’assunzione di rischi (che obbligatoriamente dovranno essere valutati non solo dagli operatori finanziari, ma anche da quelli assicurativi).

Che il processo che stiamo illustrando sia già iniziato e sia sempre più una realtà da non sottovalutare lo si evince chiaramente dal grafico che segue, riferito all’aumento degli “investimenti sostenibili” offerti dal mercato finanziario.

3. Fattori ESG e taxonomy alignment: perché allinearsi già da ora

Lo schema sottostante evidenzia le principali date del processo di transizione europeo.

Poiché il mercato finanziario ha già recepito le normative di transizione verso la sostenibilità e poiché la finanza tradizionale deve lasciare spazio alla “finanza sostenibile” (in altri termini: i capitali non destinati a “rendere sostenibili” le attività aziendali si ridurranno sostanzialmente nei prossimi anni), è chiaro come già oggi le imprese non possano rinviare attività quantomeno di analisi sul “se” e “quanto” la normativa incide sui processi in essere, considerando il drastico cambiamento della nuova la normativa tecnica rispetto alla precedente.

Ciò che deve essere fatto senza indugio anche dalle PMI, su cui OTA può fornire assistenza tecnica anche attraverso le competenze di OTA e del network TMC ADVISORY, è valutare se e in che misura le proprie attività sono rilevanti (“eligible”) ai sensi del citato Regolamento 2020/852 (Taxonomy Alignment), e in che misura le performance attuali soddisfano i requisiti di “vaglio tecnico” (“aligned” o “not aligned”).

La tassonomia individua 3 “pillar”:

  • Environment (ambiente), articolato in 6 macro-aree, di cui ad oggi solo 2 tecnicamente normate (entro giugno di quest’anno lo saranno anche le altre 4): v. oltre, in questo articolo;
  • Social (sociale), che sarà tecnicamente normato entro la fine del corrente anno: v. oltre, in questo articolo;
  • Governance (gestione), che sarà tecnicamente normato entro la fine del corrente anno: v. oltre, in questo articolo;

Procedere alla valutazione è fondamentale per comprendere i gap rispetto alla normativa citata e per programmare di conseguenza gli investimenti necessari in modo che possano soddisfare i requisiti di “allineamento”. In alcuni casi gli investimenti da fare saranno cospicui ma in questo processo di transizione sostenibile il PNRR offre il suo supporto tramite finanziamenti a tasso agevolato.

Ritardare l’avvio del percorso verso la sostenibilità avrà importanti conseguenze strategiche per le aziende, in quanto sarà ritardata (o ignorata) la politica di investimenti, che per loro natura necessitano di tempo tecnico per entrare a regime.

Questo vuol dire che i capitali in futuro disponibili saranno sempre più ridotti, non solo per il trend del mercato finanziario in corso dagli ultimi anni (riduzione del credito), ma anche per le decisioni degli investitori di sviluppare prodotti da dedicare ad investimenti ESG. Quindi, risorse inferiori, ed a prezzo più caro.

Un prezzo più caro non sarà legato alla contrattazione nel rapporto banca-impresa, quanto a meccanismi tecnici di risk management. Come sopra detto, aziende che non investono in sostenibilità:

  • evidenziano una strategia non in linea con le richieste di mercato (governance),
  • sempre più difficilmente potranno mantenere le relazioni con i propri clienti (rating bancario),
  • saranno più soggetti a rischi di business continuity nel tempo.

Sono quindi evidenti gli effetti negativi di tali scelte sull’appeal di un’impresa verso banche e operatori finanziari in generale (fondi, società di gestione del credito, gestori di patrimoni, ecc.).

Per contro, impegnarsi già da oggi ad avviare percorsi virtuosi consente all’impresa di ottenere importanti vantaggi competitivi:

  • di immagine verso il mercato,
  • di fidelizzazione dei propri clienti,
  • di maggiore capacità di ottenere nuova (e meno cara) finanza,
  • agevolazioni fiscali ed economiche (PNRR),
  • di accrescimento della propria redditività e della propria struttura finanziaria/patrimoniale.

4. Non ci sarà più spazio per il “greenwashing”

Imprese e consumatori sono nel tempo diventati sempre più sensibili alla tematica della sostenibilità, tanto che ormai non si contano più i prodotti e servizi etichettati ecosostenibili: un richiamo commerciale per rispondere a richieste “sempre più green” del mercato.

Da un’indagine dell’Unione Europea, è emerso che oltre il 40% delle affermazioni “ambientali” sarebbero non veritiere: in recenti normative comunitarie sui prodotti finanziari ed assicurativi (cfr. i regolamenti 2020/852, 2021/1257 e altri) è lo stesso legislatore che definisce questa pratica come “verniciatura verde”, ovvero “greenwashing”.

Prevenire le situazioni in cui viene definito “verde” un prodotto/servizio che non lo è, o per il quale comunque non esistono parametri oggettivi di misurazione e valutazione, è ciò che ha spinto l’introduzione della tassonomia e dei processi di vaglio tecnico: regole precise ed uniformi costituiranno gli unici parametri per identificare cosa potrà essere considerato “verde” e cosa no!

5. Taxonomy alignment, attività eligible, vaglio tecnico per i fattori ESG

È bene chiarire che quando si parla di fattori ESG si deve fare riferimento ai fattori di base per la misurazione della sostenibilità di un investimento (finanziario, ma anche economico): Environment, Social, Governance.
Di fatto, si tratta di una evoluzione dell’approccio delle “3P” (Persone, Pianeta, Profitti) introdotto negli Anni ’90, secondo cui le aziende non dovrebbero considerare solo i “Profitti”, ma su ciascuna delle 3P, che quindi devono costituire la “sostenibilità” di qualsiasi attività/organizzazione.

Un’attività economica è considerata sostenibile secondo i criteri ESG se:

  • fornisce un contributo rilevante per almeno uno dei sei obiettivi ambientali (Pillar E),
  • non ha alcun impatto negativo su nessun altro obiettivo ambientale – Do Not Significant Harm, DNSH (Pillar E),
  • rispetta le principali linee guida internazionale su imprese e diritti umani (Pillar S, G).

La tassonomia (sinonimo di classificazione) si basa sulla codifica NACE delle attività economiche; da questa differisce per meglio raggruppare tipologie di attività simili per tecnologie o impatti ambientali, anche se non del tutto assimilabili dal punto di vista commerciale.
Un “allineamento tassonomico” di singole attività/processi presenti in un’azienda (“taxonomy alignment”) è il passaggio iniziale fondamentale per “leggere” tutta l’attività di impresa rispetto alla “classificazione per la sostenibilità”, e comprendere se la normativa sui “fattori ESG” risulta applicabile (ovvero: “eligible”, cioè “eligibili”), oppure no.

Si consideri che le attività considerate dalla tassonomia ESG sono 70, raggruppate in 13 categorie: tali attività nel complesso producono il 93% delle emissioni inquinanti in Europa.

Per ciascuna attività rientrante nella tassonomia, la normativa prevede specifici indicatori quantitativi (o qualitativi) detti di “vaglio tecnico”: tali indicatori individuano i limiti al di sotto dei quali un’attività può dirsi sostenibile. Si tratta di circa 600 pagine di dati tecnici che individuano il tetto al di sopra del quale un’attività è da considerarsi “non compliant” e conseguentemente richiede investimenti ESG.

MA ATTENZIONE: ciò che deve essere considerato non è solo il prodotto in sé, ma il prodotto durante tutto il suo ciclo di vita, che comprende quindi anche tutti quei prodotti “componenti”. Ecco perché un’attività non eligible secondo la tassonomia, potrebbe diventarlo nel caso in cui fosse componente di un altro prodotto eligible.
La conseguenza? Che il vaglio tecnico per la verifica della sostenibilità di un prodotto può essere richiesto dai clienti, che a loro volta dovranno riqualificare la loro supply chain.

6. I sei obiettivi ambientali: il “Pillar E” dei 3 fattori ESG

Abbiamo più volte citato i 6 obiettivi che l’Unione Europea ha individuato per lo specifico tema ambientale. Di seguito ne diamo una breve presentazione.

  • Mitigazione del cambiamento climatico – Si tratta del contributo a stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera.
  • Adattamento al cambiamento climatico – Si tratta della prevenzione o riduzione del rischio di effetti negativi del clima sull’attività economica, senza accrescere il rischio di effetti negativi sulle persone, sulla natura o sugli attivi.
  • Uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine – Si tratta del contributo:
    • al conseguimento di un buono stato ambientale dei corpi idrici sotterranei e superficiali, o alla prevenzione del suo deterioramento,
    • al conseguimento del buono stato ambientale delle acque marine o alla prevenzione del suo deterioramento.
  • Transizione verso l’economia circolare – Si tratta di un percorso verso:
    • l’uso efficiente di risorse naturali, compresi i materiali a base biologica di origine sostenibile e altre materie prime nella produzione
    • l’aumento della durabilità, della riparabilità, della riutilizzabilità dei prodotti
    • l’aumento della riciclabilità dei prodotti, sostituendo o riducendo l’impiego di prodotti e materiali non riciclabili
    • la riduzione del contenuto di sostanze pericolose, e la loro sostituzione con altre alternative più sicure, assicurando la tracciabilità dei prodotti
    • il prolungamento dell’uso dei prodotti, anche attraverso il riutilizzo, il cambio di destinazione, la riparazione etc.
    • aumento dell’uso di materie prime secondarie e miglioramento della loro qualità, anche attraverso un riciclaggio di alta qualità dei rifiuti
    • la prevenzione e la riduzione della produzione di rifiuti, anche di quelli derivanti dall’estrazione di minerali e dalla costruzione e demolizione di edifici
    • l’aumento della preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti
    • il potenziamento dello sviluppo delle infrastrutture di gestione dei rifiuti necessarie per la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio
    • la riduzione al minimo dell’incenerimento dei rifiuti
    • la cessazione e riduzione della dispersione dei rifiuti
  • Prevenzione e controllo dell’inquinamento – Si intende:
    • La prevenzione o riduzione delle emissioni inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo, diverse dai gas a effetto serra
    • Il miglioramento del livello di qualità dell’aria, dell’acqua o del suolo nelle zone in cui l’attività economica si svolge, riducendo contemporaneamente al minimo gli effetti negativi per la salute umana e l’ambiente
    • La prevenzione o riduzione al minimo di effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente legati alla produzione e all’uso o allo smaltimento di sostanze chimiche
    • Il ripulimento delle dispersioni di rifiuti e di altri inquinamenti
  • Protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi – Si intende:
    • l’uso e gestione sostenibile del territorio, anche attraverso l’adeguata protezione della biodiversità del suolo
    • l’adozione di pratiche agricole sostenibili
    • la gestione sostenibile delle foreste
    • la conservazione della natura e della biodiversità, anche conseguendo uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie naturali, o prevenendone il deterioramento, e progettando il ripristino degli ecosistemi terrestri, marini e altri ecosistemi acquatici.

Ad oggi, i criteri di vaglio tecnico sono stati definiti solo per i primi due obiettivi ambientali e climatici: entro la metà del corrente anno saranno emanati quelli riferiti a tutti gli altri.

7. Il “Do Not Significant Harm” – DNSH

Ma cosa vuol dire raggiungere almeno un obiettivo, senza arrecare un danno significativo agli altri?

È definito che un’attività economica arreca un danno significativo:

  • alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se conduce a significative emissioni di gas a effetto serra
  • all’adattamento ai cambiamenti climatici, se conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima su sé stessa o sulle persone, sulla natura e sugli attivi
  • all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se arreca danno al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee, o al buono stato ecologico delle acque marine
  • all’economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali, o se comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti oppure se lo smaltimento di questi ultimi potrebbe causare un danno significativo all’ambiente
  • alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento, se comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo
  • alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi o nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, compresi quelli di interesse per l’Unione

8. Linee guida internazionali su imprese e diritti umani: il “pillar S” dei tre fattori ESG

Le performance di sostenibilità sociale puntano su aspetti di notevole rilevanza a livello internazionale. L’Unione Europea ha ritenuto di dare un forte impulso affinché le imprese (e i gruppi) si allineino:

  • alle linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali,
  • ai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani,
  • ai principi stabiliti dalla Carta internazionale dei diritti dell’uomo,
  • ai principi stabiliti dalla dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro.

Attualmente, questo “pillar” non è stato ancora dettagliatamente approfondito all’interno del regolamento: si prevede l’adozione di un atto delegato al più tardi entro la fine del corrente anno.

9. PMI: nuovi rischi e opportunità

« Nel mondo odierno, globalmente interconnesso, un’impresa deve creare valore aggiunto per essere ritenuta utile da tutti i suoi stakeholder, e poter quindi fornire un valore a lungo termine per i suoi azionisti. »
Larry Fink

I fattori ESG permettono agli investitori di avere una visione più ampia delle prospettive di rischi a lungo termine di un’impresa; possono quindi considerarsi dei fari che da una parte puntano a mostrare la via per un mondo migliore, dall’altra fanno da guida per la costruzione di portafogli più sicuri.

Se da un lato quindi il processo di transizione sostenibile potrebbe venire a pesare sulle tasche delle PMI, dall’altro lato assicura loro l’occasione per un ammodernamento tecnologico e la consapevolezza di non venire esclusi dai cospicui capitali disponibili per investimenti sostenibili.

È necessario, ed improrogabile, iniziare da subito a guardare in modo più aperto al cambiamento avviato: preoccuparsi meno del “qui e ora”, a favore di una visione prospettica su ciò che il futuro prossimo ci riserverà.

Le aziende di tutti i settori si stanno muovendo verso un mondo a emissioni zero e questo movimento avrà impatto significativo su ogni azienda, a prescindere dal settore di appartenenza o dalla dimensione.

La finanza a sostegno della transizione verso la sostenibilità di prodotti e imprese dispone già oggi di miliardi di euro, ma ciò che oggi ancora manca – soprattutto nella Piccola e Media Impresa – è una adeguata informazione sull’argomento, che favorisca decisioni coerenti con una nuova strategia che non può più essere ignorata.

A questo proposito Larry Fink nel suo discorso ai CEO conclude così:

« La decarbonizzazione dell’economia globale creerà la più grande opportunità di investimento della nostra vita. E lascerà indietro le aziende che non si adattano. »

10. Richiedi una consulenza personalizzata

OTA, unitamente ai professionisti di TMC ADVISORY è in grado di aiutarti a trovare una lingua comune con le banche, le assicurazioni, il mondo degli investitori.

Nel “mondo ESG”, siamo attrezzati per mettere a disposizione competenze e strumenti di altissima caratura anche a livello internazionale, sia per una prima valutazione di taxonomy alignement, che per la verifica del rispetto di criteri di vaglio tecnico. Professionisti indipendenti potranno rilasciare attestazioni di revisione secondo il documento ISAE 3000, che le banche richiedono ad evidenza della sostenibilità ambientale degli investimenti aziendali.

L’expertise dei nostri tecnici potrà accompagnare le imprese che lo desiderano nel percorso di realizzazione dei piani e programmi di gestione (Rating Advisory), mantenendo un adeguato sistema di aggiornamento periodico delle informazioni richieste a fronte dell’ottenimento di “finanza verde”.