ESG: la sostenibilità è (anche) finanziaria

ESG e Sostenibilità

Nel mondo delle aziende, i temi dei principi ESG e della sostenibilità sono sempre più al centro di eventi, corsi e tavole rotonde, in cui spesso l’argomento è trattato in modo non tecnico, mentre sul mercato vengono pubblicizzati prodotti diventati “green” nel giro di pochi mesi.

Noi riteniamo questo approccio molto pericoloso per le imprese, di ogni dimensione, che devono invece affrontare i temi ESG in modo rigoroso, sfruttando le opportunità per ottenere liquidità, effettuare investimenti produttivi, attivare progetti di sviluppo, migliorare la competitività.

La politica industriale comunitaria (Green Deal Europeo) trova un momento fondamentale nel Regolamento (UE) 852 del 2020, entrato in vigore il 1 gennaio 2022: questo provvedimento ha introdotto la nuova Tassonomia stravolgendo completamente le “regole del gioco” in tema della sostenibilità ambiente, governance e sociale.

Il provvedimento ha reso obsolete le numerose norme preesistenti e individuato nel meccanismo della finanza il volano per il rapido cambio di passo desiderato.

Il meccanismo è quindi in realtà lineare ma potente: tutti gli operatori finanziari dovranno progressivamente indirizzare la loro finanza disponibile verso investimenti industriali che consentano alle imprese il perseguimento di KPI ESG (della Tassonomia, e altri specifici di settore) stabiliti e vincolanti. Va da sé quindi che questa politica andrà a ridurre rapidamente la finanza disponibile per il sostegno ad imprese “non ESG compliant”.

La cosiddetta transizione ecologica diventa quindi strada obbligata per imprese di ogni dimensione, sulle quali questi temi hanno significativi impatti diretti (KPI specifici per singoli prodotti/settori) e indiretti (attraverso il coinvolgimento della Supply Chain).

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1. Il punto di partenza: sono i prodotti a dover essere green

La Tassonomia ha individuato quei prodotti responsabili – durante tutto il loro “ciclo di vita” – della quasi totalità degli impatti ambientali negativi nel territorio dell’Unione Europea: per questi, sono stati definiti i limiti massimi di impatto ambientale consentiti, oltre i quali il prodotto rimane “non sostenibile”.

Per rendere sostenibili i propri prodotti le aziende devono rendere sostenibili anche i processi produttivi, lungo tutta la filiera: da qui la necessità di investimenti finalizzati a adeguare non solo i processi interni ma anche l’intero ciclo di vita e conseguentemente la filiera produttiva.

Quali sono i prodotti impattati dalla nuova normativa? Nelle oltre 500 pagine di dettaglio, il Regolamento 2020/852 individua quali sono i prodotti a cui si applicano i criteri ESG: le aziende dovranno quindi preliminarmente avviare una attività di “vaglio tecnico” e, se i prodotti (uno o più) risultano “eligibili”, procedere a ridurne l’impatto ambientale attraverso un complesso processo di Taxonomy Alignment.

Dovranno quindi essere effettuate valutazioni sugli impatti nella situazione “AS-IS”, individuati i requisiti (KPI) tassonomici e pianificati gli investimenti di adeguamento (“TO BE”), ponendo attenzione a non produrre impatti negativi sugli altri obiettivi ambientali (DNSH).

2. Perché anche le PMI DEVONO investire nella sostenibilità?

Porsi questa domanda equivale a chiedersi: “per quanto tempo potranno sopravvivere sul mercato aziende non attente all’ambiente”?

È quindi sicuramente un tema di posizionamento dei prodotti nel mercato: attraverso i propri acquisti, da tempo il consumatore esprime le preferenze verso prodotti a minor impatto ambientale e – soprattutto per quanto riguarda i giovani – che vengono ottenuti attraverso processi green.

Si pensi, ad esempio, alle trasformazioni in atto nel settore automotive legate alla mobilità sostenibile, con le relative conseguenze sulla Supply Chain.

Grande peso nel percorso delle imprese verso la strada della sostenibilità ambientale riguarda la loro “appetibilità finanziaria” da parte degli investitori (banche, fondi, assicurazioni, ecc.) e di coloro che in generale operano nel modo finanziario.

Infatti sono proprio loro a cui la normativa impone di investire più della metà dei capitali a disposizione in imprese sostenibili. Questo progressivo spostamento di risorse finanziarie andrà a ridurre sempre più la possibilità di ottenere credito “ordinario” per le imprese che non si adeguano ai nuovi requisiti.

La conseguenza è che già oggi, in ottica “forward looking”, le aziende che non investono nella sostenibilità sono considerate genericamente più rischiose e quindi trovano liquidità minore e a prezzi più elevati, ma anche sempre meno clienti disposti ad acquistare i loro prodotti.

3. La transizione “data driven” e le imprese italiane

Il regolamento sulla tassonomia identifica a livello di singoli prodotti non solo gli indicatori specifici (es.: quantità di emissioni di CO2), ma anche gli obiettivi che non devono essere superati (es: emissioni zero).

Affinché il processo di transizione ecologica possa quindi essere considerato compliant per la sostenibilità ESG, è evidente come esso debba necessariamente basarsi sui dati e sulla loro analisi. Questo pone numerosi problemi pratici, poiché:

  • Non tutte le imprese monitorano i parametri richiesti dalla normativa;
  • Non tutti i processi produttivi dei singoli beni vengono puntualmente monitorati;
  • Non tutte le aziende inseriscono requisiti ambientali nei contratti di fornitura;
  • Non tutti i sistemi di rilevazione sono sufficientemente “elastici” o “integrabili” per adeguarsi alla nuova normativa;
  • Non tutte le aziende possono sostenere in autonomia gli investimenti, non solo per adeguare i sistemi di misura e monitoraggio, ma anche per adeguare prodotti e processi.

Di fatto, senza adeguate analisi tecniche basate su dati oggettivi nessun progetto di investimento può essere considerato compliant per la transizione ecologica e quindi consentire alle imprese di beneficiare della nuova finanza green.

Oggi le banche hanno in fase di implementazione sistemi di valutazione della sostenibilità legata a processi di transizione ecologica: dovranno verificare se e in che modo i progetti industriali oggetto di finanziamento porteranno le aziende finanziate ad essere in linea con i requisiti della tassonomia, e se l’importo dell’operazione a debito richiesta sarà sostenibile rispetto alla struttura finanziaria ed economica dell’impresa, in ottica “forward looking” per tutta la durata dell’investimento e per la singola linea affidata.

Rispetto ai requisiti normativi, a livello europeo non tutte le imprese sono al medesimo livello competitivo. Tipicamente, in Germania e Francia sono meno presenti i problemi legati al tema “data driven” sopra accennato, e quindi i capitali a disposizione sono già finalizzati a progetti di transizione ecologica in senso stretto (“pillar E”: leggi articolo).

Dall’altro estremo, nei Paesi dell’Europa dell’Est i fondi sono più spostati verso la realizzazione di infrastrutture sostenibili.

Nel mezzo, le imprese degli altri Paesi (tra cui l’Italia) hanno mediamente uno svantaggio competitivo in termini di governance, ovvero nei sistemi di monitoraggio e misurazione, nella gestione delle informazioni desumibili dall’analisi dei dati, nell’integrazione tra gli aspetti tecnologici e amministrativi, nei sistemi di gestione finanziaria (credito, tesoreria, sistemi di budgeting e di rating advisory).

Per questo in Italia, accanto alla finanza green a sostegno degli investimenti tecnologici, stanno crescendo fondi di investimento che finanziano l’implementazione di processi di governance (“pillar G”: leggi articolo).

4. Cosa può fare OTA e quali sono i servizi proposti?

Le realtà aziendali che ogni giorno valutiamo sono molto differenti rispetto alla dimensione: più strutturate le imprese corporate e large corporate, meno le PMI (anche se molte imprese maggiori scelgono strade non sempre in linea con la normativa obbligatoria).

Raramente troviamo consulenti in grado di rispondere alle variegate esigenze in modo integrato e con una visione dell’azienda realmente adeguata.

Direttamente ed attraverso i servizi del network TMC ADVISORY, OTA offre servizi che consentono alle aziende di ottenere finanza per i propri investimenti. Tali servizi di valutazione e consulenza riguardano:

  • Analisi di eligibilità dei prodotti e identificazione dei requisiti di tassonomia;
  • Verifica dell’adeguatezza di sistemi di misurazione e monitoraggio;
  • Attestazioni di sostenibilità per investimenti ESG, anche a supporto di una adeguata e completa informativa verso interlocutori finanziari;
  • Implementazione e adeguamento di sistemi di governance (processi amministrativi, credit management, treasury management, risk analysis, rating advisory);
  • Ricerca di finanza (banche e fondi di investimento, di debito ed equity) e di partners.

Da sempre OTA eroga servizi integrati a costi competitivi, che vengono personalizzati in funzione delle effettive necessità dei propri clienti: per questo siamo in grado di operare anche affiancando i consulenti già presenti in azienda, attraverso un processo di condivisione delle competenze nell’interesse primario dell’impresa.

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